venerdì 16 aprile 2010

Fantastic Mr. Fox

Le volpi Mr. e Mrs. Fox vivono sotto il loro albero una vita tranquilla; forse anche troppo, visto che Mr. Fox ha nostalgia dei tempi in cui con la moglie andava per fattorie a rubare pollame e piccioni. Adesso che ha un figlio ed una casa nuova e confortevole, i vecchi istinti prendono il sopravvento; peccato che la sua voglia di furti provochi l'ira dei fattori che gestiscono le industrie agricole della zona. Mentre arriva Kristofferson, furba volpe maschio loro nipote, il comportamento dissenato di Mr. Fox rischia di mettere in pericolo l'intera comunità degli animali. Resosi conto di quanto ha fatto, la volpe decide che è il momento di passare al contrattacco.

Titolo: Fantastic Mr. Fox
Titolo originale: Fantastic Mr. Fox
Regia: Wes Anderson
Attori: George Clooney, Meryl Streep, Jason Schwartzman, Bill Murray, Wallace Wolodarsky
Genere: Animazione
Uscita: venerdì 16 aprile 2010

Nelle ultime settimane le sale italiane hanno accolto due pellicole esplicitamente accomunate (ed auto-accomunatesi, con spirito di gratitudine o peggio di sfida) al cinema di Wes Anderson: prima c'è stato il Salvatores di Happy Family, poi il belga Micha Wald con Simon Konianski. Non c'è modo migliore di rivalutare questi affrettati paragoni, cogliendone con riso la superficialità, che assistere ora all'ultimo lavoro di Anderson, un cartone in stop motion che ribadisce all'ennesima potenza tutto il suo mondo autoriale. È un mondo che credo nessuno mai gli potrà copiare: è fatto sì di rigore compositivo, ma soprattutto di quella cosa evanescente chiamata «sensibilità», assai difficile da replicare chiedendo consiglio agli scenografi e ai direttori della fotografia. L'errore più sciocco in cui si possa incorrere è infatti quello di pensare che Anderson equivalga tout court a cura maniacale dell'inquadratura.

Ugualmente erronea è la convinzione (collegata alla precedente) che Anderson usi i personaggi in maniera meccanica, come appunto pedine che si muovono studiatamente assecondando le sue scelte stilistiche: questo pensiero è talmente assurdo, per chiunque si sia degnato di prestare un minimo di seria attenzione, da non meritare approfondita risposta. Lo stile di Anderson è fino ad oggi uno dei più coerentemente personali nati nella nuova generazione americana: è di certo uno stile autoriale in senso indipendente - nell'accezione buona e vera, ossia non-Sundance - che chiama attenzione a sé (con, però, uno strambo ed assolutamente peculiare effetto di sottrazione), ma non per questo si risolve nell'auto-asservimento. Almeno, fino ad oggi (sei film) mi pare che il regista non sia ancora caduto nella trappola della vana maniera; di più, ritengo che con Fantastic Mr. Fox abbia costruito forse la sua più manifesta dichiarazione poetica.

Nei personaggi di Fox (voce originale di George Clooney) e del figlio Ash (Jason Schwartzman), in particolar modo, si rivedono le anime solitarie dei precedenti lavori. Un padre che non ha la stima del figlio ed un figlio che non ha la stima del padre, compiranno il tragitto l'uno verso l'altro in quella che potrebbe essere ed è la scoperta della «propria natura»; ma nella «natura» di Anderson non c'è nulla di retrivo o assolutorio, come nelle formule di sceneggiatura pronte per l'uso, bensì una comprensione di intimi legami umani, dei modi in cui può instaurarsi comunanza, comprensione e realizzazione di sé. È anche, in maniera più nascosta e per questo più preziosa, un modo di descrivere la socialità di questi legami, il loro esser legati ad una gerarchia di valori ed aspettative, e quindi di scelte adottate in base a questi ultimi.

Mr. Fox si reinventa ad esempio giornalista per far contenta la sua signora (Meryl Streep) e dare stabilità/felicità al figlio che sta per nascere; alla fine del film, infelice di questa stabilità e realizzata la reciproca infelicità di Ash, tornerà definitivamente «fuorilegge» dopo aver messo a ferro e fuoco (ed esser stato messo a ferro e fuoco a sua volta assieme a tutta la comunità animale) gli allevamenti di tre pezzi grossi dell'agroalimentare (il boss fra loro ha l'invidiabilmente gretta voce di Michael Gambon). Nel finale del film sbuca non più in un pollaio ma all'interno di un gigantesco ipermercato, risultato della fusione commerciale dei tre imperi in questione: Mr. Fox e i suoi brindano alla propria salute, cercando di far buon viso a cattivo gioco. Più che Galline in fuga, si dovrebbe pensare semmai al capolavoro dell'animazione inglese La fattoria degli animali. A proposito, diventa qui più pronunciato l'atteggiamento di «resistenza» che è sempre stato latente nei suoi progetti, nei quali i personaggi devono sempre uscire fuori dal loro guscio combattendo poteri più grandi di loro. La felicità è possibile, se si resiste.

È un cartone probabilmente troppo complicato - o troppo «raffinato» - per essere un cartone, almeno per come i cartoni sono pensati oggi. Chi scrive non appartiene ai grandi estimatori della casa Pixar, una compagnia che da più di dieci anni a questa parte ha alternato bellissimi film a più corrivi prodotti di puro consumo - scambiati regolarmente per opere «poetiche». Non è solo questione di tecnologia che ha il sopravvento sulla personalità, come lamenterebbero i pigri, ma fra le brutture apportate dal gran predominio della casa di Emeryville c'è a mio avviso l'aver contribuito ad appiattire i gusti in fatto d'animazione, sposando indubbi progressi nella tecnica digitale con una solidificazione di ferree linee narrative: la progressione tecnologica maschera così la mungitura di una vecchia mucca. (Ovviamente, una mucca da soldi: ma questo è ovvio e normale.) Risulta così più difficile comprendere ed abbracciare un'opera così indefessa, tanto lineare quanto arzigogolata, non riconoscendone la preziosa unicità.

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