venerdì 4 settembre 2009

Segnali dal futuro

1959: dei bambini delle elementari fanno alcuni disegni da tramandare ai loro discendenti in un apposito contenitore chiamato capsula del tempo, che verrà interrato subito e poi riesumato dopo 50 anni. Mentre la maggior parte disegna robot o navi spaziali, una di loro, Lucinda, scrive una sequenza interminabile di numeri misteriosi sul suo foglio. 2009: Ted Miles, professore astrofisico vedovo, crede nel caso ma non nel destino. Secondo lui le cose avvengono senza un ordine preventivato, dato che in fondo anche il nostro mondo è stato creato da eventi del tutto accidentali. Ma quando al figlio Caleb viene consegnato il foglio di Lucinda, dovrà davvero ricredersi: i numeri misteriosi scritti 50 anni prima riguardano una serie di catastrofi avvenute nel corso degli anni. Dopo aver decifrato quelle passate, per John inizia l'incubo di trovare la chiave di quelle future; soprattutto l'ultima, che pare decisamente inquietante.

Titolo: Segnali dal futuro
Titolo originale: Knowing
Regia: Alex Proyas
Attori: Nicolas Cage, Rose Byrne, Chandler Canterbury, Lara Robinson, Ben Mendelsohn
Genere: Fantascienza
Uscita: venerdì 4 settembre 2009

Il film riesce a coinvolgere e ad attirare l’attenzione con una trama ben orchestrata. La storia ruota intorno al solito personaggio con il complesso dell’eroe, sempre tormentato da qualche evento traumatico del passato che lo porta inesorabilmente ad agire in maniera piuttosto sconclusionata e al limite del pericolo. Fortunatamente è uno dei pochissimi elementi negativi che caratterizzano la pellicola.

Le tematiche sfiorate dal film sono avvincenti. La riflessione parte spontanea poiché tutto ciò che accade non è trattato in maniera altamente visionaria e interpretabile. La fantascienza si mischia intelligentemente alla religione cristiana, e i riferimenti al misticismo sono molteplici, a partire dalla suddetta profezia di numeri che è il perno centrale della narrazione, così come la figura del bambino come portatore di un messaggio di morte e il succedersi di tutti gli avvenimenti legati in qualche modo da una forza «superiore».

Come ogni film del filone catastrofico, Segnali dal futuro mette in scena alcune delle paure più grandi dell’uomo occidentale, dando naturalmente una forma cinematografica dei vari avvenimenti. È interessante vedere come l’uomo del nuovo millennio debba sopportare un costante bombardamento mediatico riguardo le varie catastrofi (naturali e non) ed è anche per questo che nell’economia del film i notiziari sono l’unica fonte di informazioni e allo stesso tempo di terribili rivelazioni e pesi da sopportare; inoltre non si può non ricordare che l’avvenimento che ha aperto il nuovo millennio è quello che più di tutti ha scosso il mondo occidentale, ossia l’11 settembre (e non è un caso che nel film il protagonista intuisce prima di tutti questa data nella sequenza di numeri), data simbolo che dimostra come le colonne del padrone dell’occidente, gli USA, siano instabili e facili da attaccare. Le certezze sono le prime a cadere, a quanto pare.

L’uomo si interroga sin da sempre sul perché della propria esistenza, e le due teorie scientifiche che si affiancano sono quella deterministica e della casualità. Il film porta esemplarmente la riflessione dell’uomo contemporaneo, le domande ma naturalmente non le risposte, sebbene ci sia una interessante e sconvolgente interpretazione riguardo la stessa esistenza dell’uomo e del suo destino. Il finale porta con sé delle conclusioni, come ho detto, non chiare ma interpretabili in qualsiasi modo, quindi lascia spazio al pensiero libero dello spettatore che può gestire le immagini finali come meglio crede, sempre tenendo conto dei vari indizi (a mio avviso soprattutto iconografici) sparsi intelligentemente per tutta la narrazione.

Ecco, l’immagine riesce a dire molto in questo film. Ci sono parecchie sequenze che tengono il fiato sospeso sia per la potenza visiva sia per il montaggio (ad esempio la scena dell’aereo precipitato, comparso in tutti i trailer, viene girata totalmente in piano sequenza, ossia senza stacchi di montaggio, e con una macchina da presa a spalla che riesce in pieno a dare quel senso di smarrimento e orrore che si prova di fronte a un disastro del genere) e la catastrofi sono girate in maniera eccezionale e particolarmente realistica, lasciando finalmente da parte un accompagnamento sonoro fuori luogo.

L’andamento della storia assume una piega decisamente interessante e le tematiche fantascientifiche prendono infine il sopravvento; può piacere come può annoiare, dipende naturalmente dai gusti. Era invece prevedibile la costruzione di alcuni personaggi, che alle volte agiscono senza un motivo apparentemente valido o umanamente razionale, e i dialoghi sono un’altra firma del sistema cinematografico americano, come al solito pieni di frasi fatte e scontate, di buonismi e stucchevoli momenti di affetto.

Lodevole è l’impegno fotografico, e alcune composizioni plastiche riescono in pieno a inquietare e a suscitare uno sgomento che da tempo (forse) non si provava nel genere fantascientifico. Inoltre anche la colonna sonora è meritevole di essere citata: della musica classica accompagna alcune scene (in particolare quella finale), e si tratta della Settima Sinfonia di Beethoven, che riesce a dare un vero tocco di classe ad alcune immagini spiazzanti e terribilmente affascinanti.

Alex Proyas riesce a dirigere un film spettacolare e in un certo senso una boccata d’aria fresca. Finalmente la fantascienza pura e cruda si insinua nelle sale cinematografiche, in cui la spettacolarità non è solo data dagli efficaci effetti digitali ma da una storia che non tradisce e non cade nel solito trip paranormale, o ancora peggio nella solita favola eco-ambientalista, e il finale è sorprendentemente fuori dal comune, da lasciare a bocca aperta per la sua non convenzionalità.

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