venerdì 28 ottobre 2005

La sposa cadavere

Victor fugge nella foresta per imparare a memoria la formula del giuramento per il suo matrimonio. Facendo la prova del rito, mette l'anello nuziale in un ramo secco che si rivela essere il dito della sposa cadavere, morta tragicamente nel giorno delle nozze. Victor si ritrova così congiunto in matrimonio mentre la sua vera sposa Victoria attende abbandonata nel mondo dei vivi. Anche se la vita nel regno dei morti si dimostra molto più movimentata della sua rigida educazione, Victor impara che non c'è nulla che lo possa tenere lontano dal suo unico vero amore.

Titolo: La sposa cadavere
Titolo originale: Corpse Bride
Regia: Tim Burton, Mike Johnson
Attori: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Emily Watson, Tracey Ullman, Paul Whitehouse
Genere: Animazione
Uscita: venerdì 28 ottobre 2005

Il rifiuto di una società cristallizzata in ruoli prestabiliti è il motore scatenante della filmografia di Burton: la natura metamorfica dell’artista assume travestimenti sempre diversi, dagli stralunati eroi umani al pesce inafferrabile di Big Fish o alla farfalla blu de La sposa cadavere, ed è impossibilitata ad integrarsi in un inflessibile meccanismo etichettante in cui tutti mortificano la propria individualità. È un’esistenza ai margini, persino nei casi fortunati, ma l’esilio è esistenziale, non certo sociale: la miseria ha volto gentilmente patetico, non abbrutisce l’anima, e i reietti sono sommersi da favolose ricchezze e baciati da un successo planetario, come Wonka e lo stesso Burton; l’ingiustizia non è la povertà dei molti ma la costrizione di quasi tutti a una vita solamente apparente, paradosso visibile in cromatica evidenza ne La sposa cadavere.

La tematica è tipicamente novecentesca, basti pensare alle «Maschere nude» di Pirandello e alla promozione solitamente al ruolo di protagonista in opere di ogni genere del «malato/disadattato». Burton, nel dare voce al sentimento di inadeguatezza dell’intellettuale nella civiltà contemporanea sempre più asservita a un materialismo asfittico, è figlio del suo secolo, ma lo è a modo suo: se esprimere la propria personalità dovrebbe essere insopprimibile urgenza comune, la vocazione artistica, non rinunciando a un’emersione totale di se stessa, apre la strada alla salvezza dei singoli; vista l’impossibilità di rifondare la convivenza umana su altri valori, l’unica utopia realizzabile è per i puri di cuore, gli eletti, nell’anticonformistica e per questo audace esplorazione della propria interiorità e nella valorizzazione delle identità indivuale contro la spersonalizzazione omologante.

Da qui il dovere o il privilegio per il cineasta/poeta di crearsi un personale universo con territori e paesaggi, dove le eccezioni e i miracoli del mondo reale diventino legge e consuetudine: gallerie comunicanti fra vivi e morti, fra sogno e quotidianità, smarrimenti e ritrovamenti, sentieri che si perdono nei boschi e ritrovano la strada di casa, immagini ed inquadrature multiformi, attori in carne ed ossa e pupazzi animati con gli stessi loro volti immobilizzati nell’espressione più rivelatrice.

La sposa cadavere è così uno dei tanti punti di approdo di un autore che non fa altro che sperimentare la propria inesauribile vena fantastica: qui egli si avvale della particolare tecnica di animazione stop-motion, variando figure, sfondi e tinte, ma impronta e disegno d’insieme sono gli stessi. E il prodigio riesce ancora una volta, anzi il gioco si fa più limpido nella ripartizione priva di sfumature fra un sotto di sventurata bontà e un sopra arido e malvagio: da una parte il grigio truce della città grottesca dei viventi, dall’altra la policromia sfolgorante del regno sotterraneo dei morti. Nella prima abita triste e cupo il male, nel secondo balla e canta allegramente assieme ai vermi il bene. La pellicola metamorfica nel trapasso da un genere all’altro, dall’horror al musical, dalla commedia alla favola e al mélo, è una rivisitazione filmica di miti antichissimi, quali eros e thanatos, il viaggio nell’aldilà, il carnevalesco «mondo alla rovescia». E davvero siamo in un cosmo capovolto: chi non è più danza sotto la luna e raddrizza i torti, la realtà per non oltraggiare la favola è un anacronistico ottocento sullo sfondo. Mai lieto fine, a ben guardare, fu più subdolo!

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